I dati non strutturati sono un giacimento prezioso, ma a lungo poco esplorato. In passato la difficoltà di automatizzare i processi senza sacrificare qualità e costi ha limitato il loro potenziale. Oggi, grazie all’intelligenza artificiale, queste barriere sono abbattute. L’AI da sola, però, non è sufficiente: ha bisogno del sostegno di una gestione della conoscenza adeguata a fornire il contesto appropriato, evitando che i modelli generalisti si smarriscano in allucinazioni o banalità, generando soluzioni superficiali e totalmente inefficaci. Senza questo supporto, anche la migliore tecnologia rischia di diventare un’arma spuntata.
Quante aziende davvero stanno riuscendo a sfruttare appieno questa opportunità?
La flessibilità e l’immediatezza degli strumenti recenti hanno portato a un numero crescente di Proof of Concept, che sembrano aprire la strada all’innovazione. Tuttavia, una volta approvata la strada proposta e ottenuti i primi risultati, è importante non confondere l’agilità nella realizzazione di un prototipo con l’integrazione della soluzione finale nell’ecosistema esistente rispettando i requisiti e la strategia complessiva dell’organizzazione. Il passaggio da un’idea promettente a una soluzione scalabile e ben integrata richiede una visione più ampia e un’attenzione al contesto che va oltre la fase iniziale.
Anche le soluzioni più promettenti, se non gestite correttamente, possono dar vita a una proliferazione incontrollata di approcci tattici, sfuggendo al controllo attraverso fenomeni di shadow IT. Questo non solo mina la manutenibilità, l’evoluzione e la sicurezza a lungo termine alimentando il debito tecnico con soluzioni isolate, difficili da gestire e destinate a crollare come castelli di carte.
È evidente che il contesto attuale è ricco di opportunità, ma anche di insidie. Sfruttare il potenziale dei dati non strutturati richiede una visione matura capace di trovare il giusto equilibrio: innovare senza complicare, preservando la flessibilità e la sostenibilità.